Maratona
Quali sono le caratteristiche del maratoneta perfetto? fibre muscolari, allenamento, genetica e non solo!
Velocità, coordinazione, resistenza e forza rappresentano le caratteristiche di ogni atleta che si rispetti. Se possibile, però, per i maratoneti questi concetti sono portati all’esasperazione, nel tentativo di andare sempre oltre i limiti imposti da Madre Natura. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assistito a un’ulteriore evoluzione del concetto di maratoneta grazie alle prestazioni dell’atleta keniano Kipchoge il quale ha dapprima stabilito il nuovo primato mondiale della disciplina, correndo i 42 km in 2 ore e 53 secondi e, poi, seppur in una gara non omologata e organizzata con la collaborazione della Nike, ha infranto il muro psicologico e non delle due ore. Kipchoge ha così indicato la via, mostrando a tutti che correre la maratona sotto le due ore è possibile e siamo sicuri che in futuro qualcuno riuscirà a far registrare questo straordinario risultato anche in una competizione ufficiale e omologata. Oggi, invece, cercheremo di capire quali sono i segreti del maratoneta perfetto, dicendovi sin da ora che la genetica aiuta, e non poco.
Fibre bianche e fibre rosse: cosa sono e a cosa servono
Eccezion fatta per rarissimi casi, la storia dello sport ci insegna che per essere dei grandi atleti c’è bisogno di una vita di dedizione assoluta e di sacrifici. Nella maratona, tuttavia, l’allenamento, il sudore, le privazioni e la dedizione non bastano e una mano fondamentale è data dalla genetica. Quali sono le caratteristiche fisiche e genetiche che predispongono l’uomo alla maratona? Sono caratteristiche che si possono allenare? Sin d’ora vi rispondiamo che difficilmente la resistenza può essere allenata, o quantomeno difficilmente tutti coloro che approcciano a questa disciplina possono raggiungere i livelli dei migliori al mondo. Per essere un maratoneta di alto livello, il segreto risiede proprio nella capacità del proprio corpo a resistere agli sforzi prolungati nel tempo. Per comprendere questo concetto ci limiteremo a esporre dei lineamenti di fisiologia. Nel corpo umano esistono tre tipi di fibre muscolari: quelle bianche, quelle intermedie e quelle rosse. Le bianche sono quelle che vengono utilizzate dall’organismo per generare degli scatti improvvisi e si basano su un processo anaerobico, le altre sono invece aerobiche e sono quelle impiegate dal nostro organismo per attività in cui è richiesta una grande resistenza alla fatica ma a intensità contenuta.
Esempi pratici: Kipchoge e Antetokounmpo
Un super atleta come il keniano Kipchoge ha una quantità di fibre rosse che, in media, si aggira attorno all’85%, facendo sì che il suo corpo sia adatto naturalmente e geneticamente a discipline come la maratona e il ciclismo; non è quindi un caso che dal punto di vista meramente morfologico ciclisti e maratoneti abbiano un fisico estremamente simile. Chi invece necessita di una grande esplosività e di una enorme quantità di fibre bianche sono i cestisti, la cui attività si sostanzia di scatti improvvisi, salti e cambi di direzione repentini. Anche nel basket, tuttavia, gli atleti si stanno evolvendo e in tal senso basti pensare che giocatori di più 2,10 metri come il greco Giannis Antetokounmpo ormai si sottopongono a cicli di allenamento pensati esclusivamente per migliorare la reattività. Ciò ha determinato che il greco, nonostante un'apertura alare superiore ai 220 centimetri, sia ormai uno dei cestisti più forti e rapidi in circolazione e che al 3 di febbraio, secondo le scommesse online di Betway, a quota 6,50, sia con i suoi Milwaukee Bucks uno dei principali indiziati per la vittoria dell’anello.
Conta più la genetica o l’allenamento?
Come abbiamo avuto modo di vedere, la genetica è fondamentale ai fini dell’ottenimento di risultati straordinari ma, come ovvio, da sola non basta a fare un campione. Eccezion fatta per i geni dello sport mondiale come Maradona, notoriamente avverso agli allenamenti, la stragrande maggioranza degli atleti ha costruito i propri successi con sessioni di allenamento interminabili, alla continua ricerca del limite. Nell’atletica basti pensare al nostro Stefano Baldini, che nel 2004 riuscì ad aggiudicarsi l’oro olimpico in quel di Atene, sopravanzando numerosi atleti geneticamente predisposti ad attività aerobiche come la maratona e lo stesso è avvenuto con il norvegese Sondre Nordstad Moen, il primo atleta caucasico a infrangere il muro di 2 ore e 6 minuti. La serie “The Last Dance”, andata in onda recentemente su Netflix, racconta la carriera di Michael Jordan e ci ha mostrato come anche un’icona del basket e dello sport mondiale come il cestista statunitense passasse la maggior parte del suo tempo ad allenarsi in modo maniacale in palestra, nel tentativo di avvicinarsi quanto più possibile alla perfezione.
Si pone quindi la questione se conti di più la genetica o l’allenamento; la risposta probabilmente sta nel mezzo. L’allenamento aiuta, è fondamentale per i successi di qualsiasi atleta di livello mondiale, ma senza un aiutino da parte di Madre Natura difficilmente è possibile raggiungere determinati livelli che, come ovvio, portano le prestazioni umani al limite.
09/02/2021
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